Da sola con mia madre
Una selezione dell’autobiografia di Maria Crivelli “Essere presenti a sé stessi” L’immaginario nella scrittura di sé Edizione 2016
Scritture solidali
Scritture autobiografiche di redenzione e rinascita che mettono in luce sentimenti di solidarietà verso sé stessi, gli altri e il mondo, e sollecitano un’autentica solidarietà fra le lettrici e i lettori.
Archivio della memoria e dell’immaginario siciliano
Ateliers dell’immaginario autobiografico © OdV Le Stelle in Tasca
Da sola con mia madre
Maria Crivelli
Sono una persona che nel suo percorso di crescita ha da sempre utilizzato lo studio grafico e pittorico come strumento di dialogo con sé stessa, nell’ultimo decennio ho iniziato anche a restaurare, con un software di fotoritocco, versioni digitali di foto in bianco e nero.
Con il trascorrere degli anni mi sono resa conto di aver spesso attuato anche un’elaborazione delle immagini restaurate, affermando così la mia personale visione estetica dei fatti lì rappresentati, ne è una palese dimostrazione un’immagine di me in braccio a mia madre con un paesaggio marino sullo sfondo: un luogo che non è mai esistito perché ho rimosso dalla spiaggia tutti gli elementi di offesa come le auto parcheggiate. Ho eliminato anche una folla indistinta di bagnanti e parenti per restare da sola con mia madre.
Avevo in quel momento il desiderio di una raffigurazione da sola con lei in una scenografia che suscitasse serenità ed equilibrio. Il Restauro fotografico ha su di me un effetto benefico, perché restituisco armonia ed estetica a rappresentazioni a volte sbiadite, a volte piene di intrusi: oggetti e persone che non essendo parte del mio percorso di crescita non posso definire affini, ma semplici comparse.
Nel mio cammino verso la serenità ho imparato a riconoscere la comunanza di ideali ed intenti con persone appena conosciute o che inizio ad apprezzare poco alla volta, li definisco compagni di viaggio, alcuni di questi non sono più in vita. Non ho ancora imparato a superare la separazione fredda e dolorosa che ci ha inculcato la nostra cultura, ma riesco ad accarezzare mia madre da ragazza, attraverso i pennelli del mio programma di fotoritocco, bellissima e chissà con quali progetti in mente.
Vado a caccia di foto, le reclamo ai cosiddetti “congiunti”, e, quando, finalmente, ne ho una nuova tra le mani mi metto subito al lavoro: miglioro le curve e i valori tonali, miglioro il contrasto e la saturazione, restauro i graffi. Pixel dopo pixel.
Amo restaurare le foto in bianco e nero, è un piccolo spazio sacro di congiunzione con esperienze e luoghi che non mi sono stati narrati, è il mio quotidiano che si interseca con dialoghi interrotti. L’uso dei pennelli sui pixel ti costringe ad ingrandire molto le immagini e così appare il mondo celato delle piccole espressioni facciali, della gestualità che non ha avuto centralità nell’inquadratura.
Conferme. Piccole scoperte che suscitano riflessioni.
Scruto mia madre e l’ambiente che la circonda, elimino gli elementi che infastidiscono il mio senso estetico.
Dopo trentacinque anni dalla sua morte, proteggo la sua bellezza interiore eliminando gli intrusi.