Il fiume che non c’era…
Un racconto autobiografico di Vincenzo Spampinato Testimonial di penna della 1a edizione di Thrinakìa 2013-2014 Premio internazionale di scritture autobiografiche, biografiche e poetiche, dedicate alla Sicilia
Scritture solidali
Scritture autobiografiche di redenzione e rinascita che mettono in luce sentimenti di solidarietà verso sé stessi, gli altri e il mondo, e sollecitano un’autentica solidarietà fra le lettrici e i lettori.
Archivio della memoria e dell’immaginario siciliano
Ateliers dell’immaginario autobiografico © OdV Le Stelle in Tasca
Il fiume che non c’era…
Vincenzo Spampinato
Era nato esattamente ai piedi dell’Etna, ma il suo sogno era quello, di salire sulle spalle dell’Etna. Arrivare in cima per guardare l’orizzonte, quell’infinito jonico, che poteva farlo naufragare ben oltre il leopardiano infinito: era un dreamer.
Spesso aveva sentito parlare don Masino, vecchio venditore di neve, che nel suo andar su e giù per il Mongibello, ogni tanto incontrava strane creature che si inerpicavano scalze per i sentieri del vulcano. Dove andassero e cosa facessero da quelle parti, non era dato di sapere al carrettiere. Pur impaurito, Masino continuava il suo lavoro che consisteva nel raccogliere neve e accatastarla nella sua neviera, vicino al Rifugio Sapienza a quota 1925 metri, per poi venderla a Catania alle gelaterie più famose, per realizzare quelle granite che d’estate ti mandavano in estasi. Mandorla, caffè, torrone, minnicucco e soprattutto quella di gelsi neri. Una mattina vedendo passare don Masino, si armò di coraggio e chiese al vecchio se poteva salire con lui sulla muntagna. Il carrettiere rispose che per lui problemi non ce n’erano e così salì a cassetta col vecchio. Lemme lemme, il carretto cominciò ad arrotolare la strada che portava da sua maestà l’Etna!
Dopo il passo dei Monti Silvestri, in direzione della Grotta dei 3 livelli, vide passare una strana creatura metà uomo e metà pesce. Saltando come un gatto dal carretto, cominciò a seguire quell’uomo anfibio e nonostante don Masino cercasse di dissuaderlo dall’andare, lui gli corse dietro. Quello stranissimo essere, dalle fattezze incredibili, si muoveva però con una scioltezza e una velocità, che diventava difficilissimo stargli dietro. Ad un tratto, esattamente davanti ad un piccolo promontorio, l’essere si voltò come a controllare di non esser seguito da alcuno. Lui si fece piccolo piccolo e si mimetizzò con un cespuglio di Spino Santo. All’intrasatta si aprì una botola e l’uomopesce tappandosi il naso con le dita, si tuffò a chiodo; poi la botola si richiuse lasciandolo incredulo e senza fiato. Improvvisamente si rese conto che si era allontanato così tanto, da perdere le tracce del carrettiere. A quel punto non restava altro che trovare quella misteriosa botola e cercare di capire cosa nascondesse e soprattutto dove andava a finire. Si avvicinò e tastando il terreno senti come un’elsa di spada, che sporgeva da uno spuntone di roccia.
Facile l’accostamento ad Artù, alla leggenda che lo vedeva buttato dentro l’Etna. Tentando di staccare da terra la spada, vide aprire la botola che stava cercando e sporgendosi all’interno scorse il giorno, anche se intorno era la notte. Un mormorio di acqua echeggiava e lasciava presagire che il fiume sotterraneo che dalla montagna arriva al mare, di cui tanto aveva sentito parlare da bambino, esisteva davvero. I cunta cunta (poeti in vernacolo della tradizione orale) lo chiamavano Amenano e lo definivano magico, misterioso e miracoloso. Lui da bambino era stato sempre rapito da quei racconti su quel fiume. Ce n’era uno dove si asseriva che se riuscivi a bere sette sorsetti d’acqua da quel fiume, la notte di Natale, potevi volare come i gabbiani sul mare del Bel Frontizio. Senza indecisioni dunque, come Empedocle quando si tolse i calzari per tuffarsi dentro l’Etna, slacciò le sue scarpe e otturandosi il naso si imbucò oltre la botola.
Mesi dopo, Don Masino lo incontrò davanti alla Fontana dell’Acqua Lenzuolo e gli chiese che fine avesse fatto quella notte e cosa fosse successo. Lui rispose che si era perso seguendo quello strano animale e non ritrovando più la strada, aveva dormito in una caverna per poi all’alba rientrare a casa.
Il giorno dopo, mentre il meriggio faceva arrossire le nuvole siciliane, lui si recò sull’Etna fino a trovarsi nuovamente davanti a quella botola: il suo orologio, una vecchia cipolla da ferroviere, diceva che era la mezzanotte del 24 dicembre del 1950.
Vincenzo Spampinato
Catania, giugno 2013
Vincenzo Spampinato (Catania, 1953): cantautore italiano di musica leggera, autore di colonne sonore e ideatore di molteplici spettacoli teatrali, ha composto l’inno ufficiale della Regione Siciliana “Madreterra”.