Immagini e oggetti per ricordare
Una selezione del racconto autobiografico di Luisa La Carrubba “Immagini e oggetti per ricordare” Nautilus Ascolto sensibile di sé e dell’altro “Narrazione per immagini” a cura di Maria Crivelli Maggio 2017
Scritture solidali
Scritture autobiografiche di redenzione e rinascita che mettono in luce sentimenti di solidarietà verso sé stessi, gli altri e il mondo, e sollecitano un’autentica solidarietà fra le lettrici e i lettori.
Archivio della memoria e dell’immaginario siciliano
Ateliers dell’immaginario autobiografico © OdV Le Stelle in Tasca
Immagini e oggetti per ricordare
Luisa La Carrubba
Non una foto ma centinaia di foto; ne ho una piccola valigia piena che ho sempre portato con me in qualsiasi luogo io sia approdata, ma ne ho altrettante sparse in attesa di una sistemazione definitiva.
Non un oggetto, ma decine di oggetti. Nessuno di loro in questo momento è nelle mie mani, non li posso vedere ma so che ci sono. Li conosco a memoria, ho trascorso tutta la mia vita ad osservarli. Se chiudo gli occhi li vedo, posso toccarli con la mente ed accarezzarli con i ricordi.
Non una storia, non un racconto, ma mille storie e mille racconti di tutti i momenti più importanti della mia vita che rivivono in questi oggetti che conservo gelosamente come monumenti eretti in memoria di ciò che è stato. Momenti che rivivono nelle foto che congelano i ricordi di un presente che nel momento in cui diventa immagine è già trascorso diventando passato. Ma soprattutto rivivono nei colori vividi e brillanti, nella profondità dello spazio e nella luce avvolgente e reale della mia grande passione: le diapositive.
Ogni diapositiva è il tentativo disperato di fermare il tempo, di dar vita eterna ad un evento vissuto che possa continuare a sussurrare alla mia interiorità sempre le stesse profonde emozioni che l’hanno fatta nascere.
Centinaia di diapositive costrette in piccoli caricatori a rastrello che come dei bravi soldatini addestrati sono pronte ad assolvere al loro compito: far rivivere il ricordo!
Adesso che tutto sembra confondersi dentro di me, ho bisogno di un’ àncora a cui aggrapparmi. Adesso che la preoccupazione di affrontare il presente finalmente lascia il posto alla nostalgia per il passato, sento un bisogno irrefrenabile di ricostruire gli anni trascorsi attraverso le immagini.
Le immagini, però, raccontano solo se qualcuno dà loro voce. Le più vecchie ormai non raccontano più. Sono solo immagini mute, nessuno le farà più parlare. Sono immagini vuote nessuno le riempirà più di significato, perché non c’è più nessuno che conserva memoria di ciò che rappresentano. Nessuna storia, nessuna vita, nessuna emozione. Le immagini diventano un’accozzaglia indistinta di colori e forme vuote come un vecchio sacco di juta che il trascorrere del tempo ha logorato, svuotato e gettato in un angolo in attesa soltanto di essere buttato via.
Mi piace osservare questi “sacchi di juta” e provare ad immaginare quale sia stato il loro prezioso contenuto. Ci sono ancora tanti “sacchi di juta” a casa di mia madre ed il mio più grande passatempo è passarli in rassegna. Quando prendo gli album, nei quali mio padre, nell’ultimo anno della sua vita, ha sistemato in ordine cronologico le centinaia di foto che aveva sparse in un grande scatolo con due cerniere, mi sembra di non essere mai cresciuta.
Mi tuffo nel passato e mi ritrovo bambina quando, dopo aver eluso la sorveglianza di mia madre che tentava di farmi dormire nei lunghi pomeriggi estivi, col solo risultato che lei si addormentava ed io no, mi recavo nello studio, l’ultima stanza alla fine del lungo corridoio di casa. Un luogo magico in cui ogni cosa parlava di mio padre e delle sue tante passioni. Aprivo con estrema attenzione, per non fare rumore, le ante scorrevoli del mobile che custodiva l’oggetto del mio desidero e facevo scattare con trepidazione le due grandi cerniere che mi separavano dalla felicità.
Affascinata affondavo le manine fra tutte quelle immagini nella speranza di trovarne qualcuna che potesse stimolare la memoria dei miei genitori o dei miei nonni e che potesse dar vita ad una narrazione fuori dal tempo che parlasse di cose a me sconosciute ma da loro vissute con pienezza emotiva e dalla quale traspariva, sempre e comunque, un grande amore per la vita, anche quando la vita aveva messo a dura prova la loro capacità di resistenza alle avversità. Ascoltavo a bocca aperta tutto quello che mi veniva raccontato immaginando i luoghi, le persone, le situazioni, le emozioni.
Adesso che il mio interesse per questi racconti ha lasciato il posto alla grande ammirazione per le persone che li hanno vissuti e narrati, penso con grande rammarico a tutto ciò che non ho chiesto, a tutto ciò che non ho condiviso, a tutte le volte che non ho ascoltato e a tutte le volte che non ho trovato un momento da trascorrere insieme pensando che avrei avuto comunque del tempo da dedicare loro, prima o poi.
Sono tante, forse troppe, le cose che vorrei chiedere, condividere, ascoltare e vivere di riflesso emozionandomi come se le sentissi per la prima volta ma con una maturità diversa e in religioso silenzio per accogliere questi stralci di vita vissuta tributando loro gli onori che meritano. Ma vedo solo sacchi di juta, vuoti, logori e gettati con noncuranza in un angolo… in un’attesa traboccante di speranza.