Nel mare della vita: ritorno da un luogo dove il tempo non è più il tuo tempo
Una selezione dell’autobiografia di Giacoma Coniglione “Nel mare della vita: ritorno da un luogo dove il tempo non è più il tuo tempo” Laboratorio cittadino di scritture autobiografiche Edizione 2013
Scritture solidali
Scritture autobiografiche di redenzione e rinascita che mettono in luce sentimenti di solidarietà verso sé stessi, gli altri e il mondo, e sollecitano un’autentica solidarietà fra le lettrici e i lettori.
Archivio della memoria e dell’immaginario siciliano
Ateliers dell’immaginario autobiografico © OdV Le Stelle in Tasca
Nel mare della vita: ritorno da un luogo dove il tempo non è più il tuo tempo
Giacoma Coniglione
Tutto è cominciato così
“Amare sé stessi è l’inizio di una lunga storia d’amore” Oscar Wilde.
Oggi, quando mi sono svegliata, aprendo gli occhi ho visto un bagliore, una luce, un raggio di sole entrare dalla finestra. Sarebbe stata una bella giornata! Dopo tante uggiose e scure. In questo periodo ho tanto tempo per pensare, sola nel silenzio della notte, con te mio sostegno. Tu che sei la mia compagnia di notte e dicendo ciò abbraccio il crocifisso che porto sempre appeso al collo. Per il momento non c’è altro che lasciare fare al tempo ciò che non è possibile scegliere; non sono padrona della mia vita…. forse non mi ero resa conto che in effetti non lo sono mai stata. Tutto è cominciato come in un sogno, un brutto sogno che poi, pian piano, è diventato realtà. Una brutta realtà: un carcinoma. Chissà da quanto tempo eri lì… e io non sapevo che c’eri. La mia vita scorreva fin troppo precipitosa ed all’insegna della fretta… ora sembra tutto così lontano…come se io fossi un’altra e tutto quello che è successo sia stato solo un brutto sogno… invece sono proprio io ad essere in questo letto e a non poter parlare perché nella bocca tutto è un dolore. La mente vaga… e il pensiero va ai miei familiari, alle mie figlie, a mio marito, al nipotino, ai miei genitori, alle mie sorelle ed ai miei amici, al mio piccolo cane. Penso quindi come non ascoltiamo i segnali che ci invia il nostro corpo, sommersi dai mille pensieri della vita di ogni giorno. Il mio pensiero va ai momenti felici ed in particolare il ricordo mi porta al mare… Il mare che ha contrassegnato momenti di gioia e di relax e la cui sola vista rinfranca la mia anima.
Io sono felice
Io sono felice, anche se so di essere malata, sono felice anche se non so quanto tempo mi resta da vivere, sono felice di avere un marito che mi accudisce, sono felice di avere accanto le mie figlie, i miei parenti e tanti amici, e sono felice quando sono sola, sono felice se fa caldo, e sono felice se c’è freddo, sono felice quando mi vedo negli occhi delle mie figlie, sono felice anche se mi addoloro per loro, sono felice perché ho ancora i genitori, sono felice anche se sono malati, sono felice nella gioia e nella tristezza, a prescindere dalle cose, dalle persone e dal tempo.
Amo la vita ma non perché la mia vita è più facile di quella degli altri.
Il fatto che io sia felice o no, non dipende da nessuno, ma solo da me. Io sono la sola dalla quale dipende la mia felicità. Io ho deciso di essere felice, ed è ancora viva fra i miei ricordi una citazione che ho letto anni fa: “Signore Dio donami la serenità di accettare le cose che non possiamo cambiare, il coraggio di cambiare quelle che possono essere cambiate e la saggezza per riconoscere la differenza tra loro”. Io sono felice.
E la mente ritorna alla realtà.
La paura
È un mostro che abbiamo dentro di noi e spesso, invece di affrontarlo, lasciamo che ci divori. E poi ti svegli un giorno e non sai più cosa è la paura.
La paura mi ha accompagnato dall’infanzia: paura di un padre troppo autoritario, paura delle grida o soltanto delle voci alterate, paura del buio, paura che riuscivo a gestire di notte grazie a mia sorella Maria Letizia più piccola di me di tre anni e cinque mesi, dormivo nel suo letto. Ogni notte potevo andare a dormire tranquilla solamente se avevo con me un piccolo Gesù Bambino forgiato in un materiale fosforescente, era mia cura prima di andare a letto metterlo vicino ad una lampadina accesa così da ricaricarlo. Ho ritrovato questo piccolo oggetto in fondo ad un cassetto e mi sono accorta di quanto siano usurati i piccoli piedini e le manine avendolo tenuto spesso tanto stretto fra le mie mani.
Paura di essere inadeguata, paura di non essere all’altezza delle aspettative dei miei genitori, paura di essere ritenuta una nullità o un’idiota come usava dire mio padre a me e alla sorellina più piccola Loredana.
Paura di essere non all’altezza delle situazioni e di sbagliare in tutto. Così si fa strada in me la voglia di dimostrare di saper fare tutto e, per riuscire a farlo capire agli altri ma prima a me stessa, finisco con l’essere troppo severa con me e arrivo a controllare le cose che faccio più volte, per essere certa di non sbagliare.
Paura quando si ha una bambina piccola da accudire e si è troppo giovane e sola con lei per tutto il giorno; paura quando lei è malata, ha la varicella e per andare dal pediatra occorre prendere due autobus e servirebbe l’aiuto del marito che è al lavoro e della mamma che non è con me, ma con il resto della famiglia in campagna.
Paura di restare sola con la piccola la notte perché tuo marito è a lavorare e fa il turno di notte.
Paura che negli anni prende aspetti diversi e allora cerco di fare tutto bene per fare vedere agli altri che so fare tutto e anche di più: che posso gestire casa, famiglia, lavoro ed hobby e so fare tutto bene e, forse, la sospettata inadeguatezza cede il posto alla rigidità ed alla pretesa di fare tutto bene e di riuscire a gestire la vita in ogni suo aspetto.
Paura di lasciare le bimbe da piccole al nido perché devo andare a lavorare, anche se debbo dire ad onor del vero, che questo è stato il periodo più bello della mia vita, perché i miei genitori tranne rare volte, non mi hanno mai negato il loro aiuto e sostegno.
Ci sono anni in cui la paura si assopisce ed anni, quando le ragazze diventano adolescenti, fa di nuovo capolino. Paura che le ragazze prendano brutte strade e/o seguano compagnie sbagliate. Paura di gestire una famiglia da sola con un marito presente solo per i fine settimana e le feste. E gli anni passano… Mio marito ritorna a lavorare vicino casa e poi va in pensione. Ho ancora paura ma la paura ha sfaccettature diverse.
E poi mi sveglio una mattina e non ho più paura… non ho più paura… perché so di avere un carcinoma. Allora penso che avrei avuto tanto tempo, se solo avessi voluto, da dedicare anche a me stessa, per fare tante cose che mi sarebbe piaciuto fare e invece…. ora non c’è più tempo. Ora non ho più paura, ma è consapevolezza di non avere più tempo per nulla.
Ho una figlia che è sola e forse non riuscirò a vederla come si usava dire “sistemata”. Ho una figlia sposata che mi ha regalato due nipotini e non so se li vedrò crescere. Ho soltanto la mamma anziana e con tanti acciacchi, ma non sono preparata a non vederla più. Ho un compagno che nella malattia è stato di grande sostegno e mi ha sostenuta in tutto facendomi sentire il suo affetto. Saprò mai ricompensarlo?